giovedì 2 gennaio 2014

L'odore

Che odore ha un profumo? Ammesso che abbia senso chiedersi una cosa del genere. Perché poi come facciamo a ricordarceli, gli odori? O i profumi. A te piace chiamarli odori. È che la parola odore sembra portarsi dietro una sfumatura negativa, come se gli odori fossero sempre cattivi odori. Sarà anche il suono, la d, la r, breve e non accomodante, piatto, da pronunciarsi quasi a bocca chiusa. Profumo invece sa di profumo, finto, artificiale, creato, ma non secreto, dall’uomo. I nostri corpi producono odori, non profumi.

Ti sei svegliato con il suo odore ancora sulla mano. È vero, forse era l’odore di un profumo, lo shampoo probabilmente, ma per te era il suo. L’odore. Forse è solo il tuo tentativo di riabilitare l’uso della parola, che poi probabilmente non è mai stata “disabilitata” da nessuno.

Ci pensi adesso che l’odore è evaporato, e provi a venirne a capo, ma l’unica cosa che riesci chiaramente a ricordare sei tu che ricordi l’odore. Le immagini rimangono, magari sfumate o vignettate come nelle foto d’epoca, stessa cosa dicasi per i suoni, ma quando parliamo di olfatto si fa tutto più incasinato. Era un odore buono, ok. Era dolce. Di sicuro femminile. E delicato. Ma poi? Nello specifico? Mancano parole.

Era l’odore di un bacio. Se parlassimo di sapore, sarebbe quello di due salive impastate di alcolici e nicotina, ma non conta. Tempo dieci minuti e avrebbe già lasciato il posto a nuova saliva senza memoria e senza sentimenti.



State camminando fianco a fianco, la stai accompagnando a casa. Ancora niente è successo. Anzi, molto è successo anche se niente è successo davvero. Basta così poco per creare un legame, chissà se funziona così solo per te. Fino a due giorni prima la conoscevi appena, e adesso ti trovi a pensarla, in qualche modo. Possibile che basti un bacio? Certo, ci sono baci e baci. Non tutti avvengono nella stessa situazione, non tutti significano la stessa cosa. Sono più i sentimenti a generare baci, o i baci a generare sentimenti? Sentimenti che generano baci che generano sentimenti. Ecco, la classica situazione che ti porta a essere metafisico, e per fortuna riesci ancora a tenere sotto controllo gli sfoghi di lirismo.

Sarà che è stato un bel bacio. Di quelli inevitabili, inevitabili perché voluti, inevitabili perché culmine di un lento crescendo che ha accompagnato tutta la serata. Hai avuto questa sensazione. Magari non tanto durante quanto dopo, provando a riavvolgere il nastro. Certo è facile dire inevitabile, il giorno dopo. Ti è rimasto l’odore sulla mano, la mano che hai infilato tra i suoi capelli e con la quale le hai stretto la nuca, e l’immagine di lei che affretta il passo verso il portone d’ingresso di casa sua, girandosi verso di te un’ultima volta, dopo averti salutato. Un’immagine fantasmatica, quasi irreale perché troppo vera, perfetta, come in una ripresa cinematografica ad alta definizione, tanto che già durante il tuo rientro a casa ti sei trovato a dubitare che fosse realmente accaduta. E come nei film, un’immagine vale una, che sia realtà, sogno o ricordo.

Che poi cosa vuol dire un bel bacio? Ci sono baci brutti? Forse i baci d’addio. Ma anche quello per certi versi è stato un bacio d’addio. Ancora non sai se e quando vi rivedrete, quindi potrebbe anche essere stato l’ultimo. Il primo e l’ultimo. In fondo ogni bacio potrebbe essere un ultimo bacio. E se fosse stato il concorso di cose? La leggera ebbrezza? La magia del momento? O anche solo il fatto che quella sera non piovesse?

Ci sono le volte che i baci sembrano non venire mai, che non sia mai il momento, e poi si passano i giorni a rimuginare sopra tutti quei baci non dati, come sarebbero stati, cosa avrebbero provocato, e altre in cui ancor più che inevitabili sono naturali, naturali come un esperimento di fisica o la dimostrazione di un teorema matematico, sottostanti a ferree leggi di causalità, azione e reazione, principi basilari di termodinamica.

Cos’ha scatenato il processo? Chi ha dato il la? Te lo sei guadagnato quel bacio, o ti è stato regalato? Hai sfoggiato il te stesso migliore nel corso della serata, merito di questo? Gli aneddoti, le battute migliori, selezionati in anni di appuntamenti riusciti o fallimentari, riproposti ad hoc, il mix di dolcezza e cinismo, stoccate e parate, dire per provocare la domanda, la famosa partita a scacchi, venire mangiati per mangiare, anche se l’obiettivo è dare scacco alla regina e non al re. Non ti è mai piaciuta la metafora della scacchiera. Non dovrebbe esserci nulla di così meccanico, anche se poi chi davvero gioca a scacchi ti contesterebbe la presa di posizione meccanicistica. È arte, è creatività, nulla è già dato in partenza. Le pedine sono uguali per i due contendenti, le mosse a disposizione infinite, ancorché regolate da un chiaro sistema di leggi. La causalità, per l’appunto.

Ma non è neanche questo che poi ti da fastidio. È questa faccenda del te stesso migliore. Una fregatura. Non sei tu. Ti stai vendendo senza presentare il foglietto illustrativo con le controindicazioni. I benefici invece li sciorini uno dopo l’altro. Non si dovrebbe fare così, anche se sai che lo sta facendo pure lei. Non che in un appuntamento ci sia tempo e modo di fare molto di più, è ingiusto. O no? Chi ci piglierebbe se sapesse tutto subito? I farmaci però continuano a venderli anche con le controindicazioni. Farmaci che in questo caso provocano la malattia.

Camminate e non pensi a nulla di tutto ciò. Camminate, la strada è corta ma lunghissima. Cammini troppo veloce, te lo dicono sempre. Ti concentri per rallentare il passo il più possibile. Vorresti essere più lento di Achille nel paradosso di Zenone. Ancora non conosci l’odore.

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